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[VIDEO + INTERVISTA] Davide Acito: “Dei macellai ci hanno attaccato mentre filmavamo, a Tomohon c’è l’inferno”

Davide Acito, della rete animalista Action Project Animals, racconta la sua ultima esperienza a Ticinonline: «Nelle gabbie animali protetti e scimmie che gridano come esseri umani»

LUGANO – Chi credeva che il mercato cinese di Yulin – nel quale i cani vengono abbattuti e venduti come cibo – fosse il peggior inferno in terra possibile per gli animali, non ha visto cosa accade in Indonesia. A portare i segni di questa terribile esperienza è Davide Acito, italiano trapiantato in Ticino, già noto per le diverse missioni di salvataggio canino in Cina, nonché presidente della rete animalista Action Project Animals (Apa).

Esperienza toccante – Un’esperienza, quella da poco vissuta dal 32enne, che lo ha toccato nel profondo. Nel mostrare le immagini raccolte al mercato di Tomohon (nel nord del Sulawesi), la sua voce si strozza e inizia a tremare. Mentre “zooma” sullo sguardo di un cane in gabbia, con un suo simile morto ai piedi, in una pozza di sangue, si riesce soltanto a intuire l’orrore che Acito ha toccato con mano.

In gabbia dalla specie protetta alla scimmia – «Sono appena tornato da una missione in Indonesia, come quelle portate a termine in Cina», ci spiega. Come si può vedere nel video e dal racconto di Davide a Ticinoonline, «qui la situazione, ed è incredibile a dirsi, è persino peggiore rispetto a Yulin. Non solo a causa del “dog meat trade” (il commercio di cani come cibo), ma anche per il commercio di fauna selvatica.

Ho visto in gabbia esemplari di varani, che sono anche in via di estinzione, di pitoni e persino di scimmie. Animali legati e incatenati prima di venire uccisi crudelmente in questo mercato. Soprattutto negli occhi delle scimmie riesci a leggere il terrore e la consapevolezza di quanto sta per accadere loro. Le ho sentite piangere, e sembrava il lamento di un bambino. Sono scene che ti lasciano segni indelebili nell’anima».

Anche l’Indonesia, insomma, riesce a non farsi mancare lo stesso orribile spettacolo di Yulin: «Ovviamente è pieno di cani stipati nelle gabbie in attesa d’essere abbattuti. Alcuni sono già morti e questa situazione non fa che gettare ulteriormente nel terrore gli animali ancora vivi, ma consapevoli del destino che di lì a poco li sta per attendere».

Viaggi della speranza – Per Acito questa era la seconda missione a Tomohon. «La prima volta ci siamo presentati con le autorità locali. Abbiamo salvato da una terribile morte sia cani che gatti. Alcuni di questi esemplari partiranno nei prossimi mesi, smistati tra Svizzera, Germania, Italia… Per fortuna la nostra rete ci permette di trovare loro nuove famiglie in tutta Europa e non solo».

Questo secondo viaggio, più che una missione di salvataggio, doveva però fungere da testimonianza visiva di quanto accade a migliaia di chilometri da noi. «Volevamo realizzare una sorta di documentario. Siamo arrivati lì con un’associazione locale, la Animal Friends Manado Indonesia (AFMI) e altre organizzazioni europee. Insieme vogliamo portare sul tavolo del Parlamento europeo quanto abbiamo visto. Di tutto questo si discuterà a Strasburgo. Noi eravamo lì per raccogliere immagini, prove di quanto accade».

Ma Acito, e chi come lui combatte la crudeltà sugli animali, era lì anche per discutere ancora una volta con le autorità locali. «Ci hanno assicurato che la situazione era migliorata rispetto alla nostra ultima visita. Invece non era vero. Anzi, se possibile è persino peggiorata».

Controlli severi come soluzione – La chiave per porre fine a queste torture, secondo Acito, starebbe in due semplici check point. «Ci sono due strade principali percorse da chi pratica questo commercio crudele. Diciamo che questo mercato si va a concentrare in una zona precisa. È proprio lì che noi interverremo. Bloccheremo le strade mettendo dei presidi fissi con dei militari di guardia, la Polizia e un veterinario.

A ogni camion diretto al mercato verrà richiesto un certificato di quarantena e un certificato di buona salute per ciascun singolo cane». La speranza è che questa richiesta, impensabile per chi guadagna da questo orrore, faccia crollare a picco il traffico di animali. «Saremo noi a coadiuvare il lavoro della autorità, prima con delle idee – quella dei check point è un esempio -, in secondo luogo finanziandole noi stessi e intervenendo con i sequestri».

Lo striscione quale monito – Per sensibilizzare la popolazione locale, è stato appeso nel mercato uno striscione che vuole ricordare, a ogni singolo abitante, che non solo l’animale è un amico, ma che in quelle condizioni igieniche il rischio di contrarre malattie come la rabbia è molto elevato.

Paura, ma voglia di combattere – Acito non nasconde di aver provato, oltre alla repulsione, anche un po’ di paura: «Non sono luoghi tranquilli. Oltre a non essere liberi di piangere di fronte a quell’orrore siamo anche in pericolo. In quest’ultimo viaggio mi hanno rincorso con un bastone, in Cina mi hanno persino arrestato».

Eppure il 32enne non vuole mollare: «Siamo appoggiati dalle autorità governative e dai politici europei. Qualcosa si sta muovendo, ma non basta. Dobbiamo parlarne tutti. Il mondo deve essere unito nel cambiamento. Basta animali a Tomohon».

Per delle donazioni all’associazione: https://www.actionprojectanimal.org/donate/

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